La polarizzazione depressivo-narcisistica: livello autonomo di funzionamento della personalità

Articoli / Mente e Cura

DEPRESSIVE-NARCISSISTIC POLARIZATION AN INDEPENDENT LEVEL OF PERSONALITY FUNCTIONING

Caporale R.* , Battisti V.*
*IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata
Riassunto

Questo lavoro propone l’esistenza di un livello autonomo di funzionamento della personalità chiamato polarizzazione depressivo-narcisistica (DNP), che si attesta tra organizzazioni nevrotiche e borderline. La DNP permette una comprensione psicodinamica del disturbo di personalità narcisistico puro, corrispondente alla tipologia di narcisismo vulnerabile, e basato sulla disregolazione dell’autostima. La DNP e’ una linea dissociativa tra due rappresentazioni del Sé, un vero Sé depressivo ed un falso Sé narcisistico. La DNP origina da un trauma relazionale precoce in una specifica finestra evolutiva quando il sistema esplorativo-assertivo si sviluppa su un sistema di attaccamento insicuro.

Parole chiave: polarizzazione depressivo-narcisistica; disturbo narcisistico di personalità; narcisismo vulnerabile; livello di funzionamento della personalità.

Abstract

This study presents an independent level of personality functioning called depressive-narcissistic polarization (DNP) between neurotic and borderline organizzations. DNP allows to a psychodinamic comprension of pure narcissistic personality disorder, corresponding to the vulnerable narcissism, and based on the disregulation of self value. DNP is a dissociative line between two self rappresentations, a true depressive self and a false narcissistic self. DNP derives from an early relational trauma in the specific time when the esplorative-assertive system develops on an insicure attachment system.

Keywords: depressive-narcissistic polarization, narcissistic personality disorder, vulnerable narcissism, level of personality functioning.

  1. Obiettivi del presente lavoro

Obiettivo del presente lavoro è quello di circoscrivere diagnosticamente un particolare cluster psicopatologico di narcisismo, quello vulnerabile, che fino a poco tempo fa è sfuggito all’inquadramento nosografico, e darne di esso una precisa comprensione psicodinamica della sua eziopatogenesi e funzionamento. A tal fine, introdurremo una nuova categoria, che chiameremo polarizzazione depressivo-narcisistica (DNP), poiché riteniamo la DNP un livello di funzionamento di personalità autonomo tra organizzazioni nevrotiche e organizzazioni borderline.

Concordiamo con la maggior parte delle ricerche empiriche sull’argomento nel distinguere un narcisismo sano da uno patologico (Pincus e Lukowitsky, 2010, Pincus et al. 2009). All’interno delle patologie narcisistiche riconosciamo, in accordo con la letteratura clinica, due principali tipologie, quella grandiosa e quella vulnerabile, che invece di essere considerate poli di un continuum (Gabbard, 1998), a nostro avviso, sono più da ricondursi a quadri clinici autonomi con differenti qualia psicodinamici di sviluppo e di funzionamento (Pinkus et al. 2010, Ronningstam, 2011).

Infatti, mentre il narcisismo grandioso, sia nelle sue manifestazioni overt e covert, si inscrive all’interno di una psicodinamica scissionale borderline e si declina in uno spettro che vede punti di contatto con la psicopatia, passando per la concettualizzazione originale del narcisismo maligno (Kernberg, 1984), il narcisismo vulnerabile sembra organizzarsi su traiettorie psicopatologiche differenti e ancora tutte da chiarire, e rappresenta per noi ad oggi il vero disturbo narcisistico di personalità puro.

Ricordiamo l’urgenza clinica di dare legittimità psicodiagnostica, psicodinamica e nosografica a questo tipo di narcisismo vulnerabile, che ha nei sintomi di ansia, depressione vuota e atipica, ipomaniacalita’, mal di vivere, ritiro sociale, instabilità ed insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, dipendenze affettive e comportamentali le principali manifestazioni cliniche, quadri con un alto tasso epidemiologico negli studi di psicoterapia.

  1. Psicodinamica del narcisismo patologico fino ad oggi

Per riuscire in tale intento, è opportuno ritornare indietro rivisitando in maniera critica la letteratura psicodinamica sul narcisismo, un costrutto clinico poco chiaro e mai fino in fondo sistematizzato, soprattutto in un’ottica relazionale e non esclusivamente intrapsichica (e.g. Mitchell, 1984, Bromberg, 1998).

Rifiutando l’idea di un narcisismo sano in età adulta, Freud in Introduzione al narcisismo (1914) ne teorizzò la sua natura psicopatologica di reinvestimento libidico sul Sé e lo accostò dunque clinicamente al mondo delle psicosi o cosiddette nevrosi narcisistiche. Tale intuizione sarà molto importante, come altrettanto importante, ma appena abbozzata, sarà la distinzione di carattere speculativo tra un narcisismo primario ed un narcisismo secondario, questo ultimo responsabile di condizioni cliniche pre-edipiche quale la schizofrenia, la perversione, gravi forme di ipocondria.

La prospettiva Kohutiana del doppio binario, narcisismo ed amore oggettuale come rette parallele dello sviluppo sano (1977; 1984), riconcettualizza il narcisismo patologico come un difetto di strutturazione della personalità più che un problema derivato da conflitti legati alle fasi psicosessuali o problematiche caratteriali di tipo pulsionale. Il costante fallimento empatico degli oggetti Sé, tesi a soddisfare i bisogni narcisistici del bambino, esporrà quest’ultimo in età adulta ad un rischio frammentazione del Sé. Per arginare questa fragilità, l’adulto narcisista ricorrerebbe ad un meccanismo di “scissione verticale” in cui coesisterebbero nella stessa persona sia atteggiamenti di grandiosità che di estrema vulnerabilità ed inadeguatezza. Tale concezione del deficit, sebbene differente come percorso eziopatogenico, alimenta, sia in Freud che nelle concezioni classiche successive, l’esistenza di un rapporto stretto tra psicosi e narcisismo patologico che noi non condividiamo. In ultima analisi, il narcisismo come disturbo si svilupperebbe come difesa da un rischio di frammentazione psicotica. Tale impostazione ha il merito di aver individuato in maniera decisa quel cluster di sintomi afferenti ad una forma di narcisismo più di tipo vulnerabile, oggetto di tale studio, ma ne risulta comunque un modello esplicativo incompleto poiché non ne mette a fuoco la natura traumatico-ambientale.

Con la scoperta dell’area disturbi della personalità e patologie al limite, il narcisismo, psicoanaliticamente inteso, esce dall’orbita della psicosi per collocarsi in un apparentemente meno grave livello di funzionamento, quello alto borderline. A tal proposito, il modello strutturale di Kernberg (e.g. 1984; Caligor et al., 2012) prende in considerazione, come patologie del carattere, i disturbi narcisistici di tipo grandioso e colloca gli stessi come tipi della personalità al confine tra organizzazioni borderline e nevrotiche, in cui vi è minore diffusione di identità grazie all’esistenza di un Sé grandioso patologico che limita le continue oscillazioni tra rappresentazioni. Dato che il paziente non riesce ad integrare aspetti buoni e aspetti cattivi degli oggetti, quando viene a trovarsi in una condizione di dipendenza percepita, attiva una modalità paranoide e di ansia persecutoria, angoscia derivata in fondo dalla sua stessa aggressività verso gli altri. Tale modello ha il pregio di collocare il carattere narcisistico in un livello di funzionamento della personalità meno grave malgrado a) si faccia sempre rientrare la psicodinamica del narcisismo negli stessi meccanismi psicopatologici borderline, con minore tendenza alla dissociazione, non riconoscendone una vera autonomia di funzionamento b) si continui ad utilizzare una eziopatogenesi di stampo intrapsichico c) si preveda un continuum con la psicopatia, derivato dalle concezioni kleiniane sull’aggressività innata.

La sintesi contemporanea, data dal modello della McWilliams (1994) prima e dal PDM-2 (Lingiardi e McWilliams, 2017) poi, di fatto conferma l’esistenza di uno spettro narcisistico indipendente e differenziato da uno psicopatico, in cui prevarrebbero caratteristiche quali la vergogna, l’inadeguatezza, il senso di inferiorità, la debolezza, qualia molto vicini dunque alla tipologia vulnerabile di disturbo narcisistico che noi riteniamo essere il vero disturbo puro. Per avvalorare l’indipendenza delle linee psicopatologiche del narcisismo e della psicopatia, la stessa McWilliams (1994) differenzia dal punto di vista evolutivo i narcisisti, che avrebbero avuto un “tipo particolare di attenzione” ossia un’estensione narcisistica del genitore, dagli psicopatici con un background di abbandono o di abusi. Malgrado tale importante allontanamento dal modello esplicativo di Kernberg, che vede i disturbi narcisistici derivanti sempre dalla linea scissionale borderline e con punti di contatto con la psicopatia, anche la Mc Williams ed il PDM-2 non attribuiscono ai disturbi narcisistici un livello autonomo di funzionamento basato su una specifica psicodinamica.

  1. La polarizzazione depressivo-narcisistica secondo la prospettiva della Psicoterapia Psicodinamica Integrata

Riteniamo, in quanto gruppo clinico e di ricerca secondo la prospettiva della Psicoterapia Psicodinamica Integrata (PPI), che quando parliamo di narcisismo come patologia della personalità nella sua forma più pura dobbiamo necessariamente inquadrarla come narcisismo vulnerabile, in cui la problematica centrale e’ la regolazione dell’autostima, legata ad un valore di se che risulta compromesso al ribasso.

Per una comprensione più esaustiva di questo tipo di narcisismo patologico, non smaccatamente grandioso e senza infiltrazioni di odio ed aggressività massicce che lo pongano in contatto con la psicopatia, dobbiamo ricorrere all’introduzione di una nuova categoria diagnostica chiamata “polarizzazione depressivo-narcisistica” (DNP). La DNP appare come un’area di funzionamento autonoma, ovvero con una propria economia psichica, e si lega a doppio filo ad una specifica psicodinamica, quella della depressione anaclitica.

In particolare, riteniamo più verosimile accostare i funzionamenti narcisistici a quelli depressivo-anaclitici, come due faccie della stessa medaglia, in cui il narcisismo, patologicamente inteso, sia da considerarsi come la risposta iperadattiva ad uno stato depressivo costante e pervasivo originato dall’incapacità del bambino, futuro paziente, di costruire uno spazio mentale autonomo, aperto e disimpegnato, pronto ad accogliere il proprio senso di agentività e di vitalità interiore (narcisismo sano), separandosi mentalmente dalla sicurezza delle figure di attaccamento.

La necessità dell’introduzione della categoria diagnostica DNP nasce dall’evidenza di una specifica traiettoria evolutivo-funzionale su base traumatico-ambientale, dalla quale ne deriva una peculiare struttura di funzionamento che ne mette in luce le caratteristiche autoctone e di coerenza interna.

3.1 Valutazione evolutivo-funzionale su base traumatico-ambientale della DNP

L’eziopatogenesi su base ambientale della personalità narcisistica era stata già intuita da alcuni autori come Horney (1939), Spitz (1965), Winnicott (1945, 1965), Modell (1986, 1990) ma solamente negli ultimi venti anni, grazie agli studi sull’attaccamento e dell’infant research, alle ricerche sulla neurobiologia interpersonale e delle neuroscienze affettive si sono fatti passi avanti nell’origine comunque micro-traumatica del disturbo.

Da una prospettiva evolutivo-funzionale, riteniamo che i funzionamenti narcisistici nascano da uno specifico percorso eziopatogenico dello sviluppo che riconosce pervasivi e ripetuti micro traumi della relazione primaria nei termini di continue incongruenze nei meccanismi intersoggettivi di rispecchiamento e marking affettivo, e conseguenti difficoltà nella costruzione di rappresentazioni del Sé autentiche basate sulla reale percezione del bambino (Mucci 2013, 2016, 2017, 2022; Schore 1994, 2003a, 2003b, 2019; Lemma, 2011).

Dunque, in accordo con il pensiero della Mucci (2013, 2016, 2017, 2022), il paziente narcisista va incontro ad un “primo livello di traumatizzazione” per mano umana (anche chiamato trauma relazione precoce), o con il linguaggio di Schore (1994, 2003a, 2003b, 2019) una “cattiva sintonizzazione madre-bambino”. Lemma (2011) parla di madri che funzionano come uno “specchio unidirezionale” o una superficie “opaca”, o ancora meglio di madri “specchio tu-sei-me” e lo associa, rifacendosi a Rosenfeld, ad un tipo di narcisismo più a pelle sottile, molto simile alla dimensione vulnerabile oggetto del presente lavoro.

Il potenziale narcisista adulto e’ stato bambino che ha intrattenuto con le figure di attaccamento primarie un rapporto di intersoggettività sufficientemente adeguato fino all’età dei 18/24 mesi, ha raggiunto nella relazione alcune fondamentali funzioni e processi psichici come la distinzione me-non me, grazie anche all’assenza di eventi traumatici precoci di una certa gravità quali abuso e neglect. Questo ha permesso a tale bambino di non interiorizzare una diade persecutore-vittima, fattore di rischio per lo sviluppo della patologia borderline (Mucci, 2022; Schore, 2003, 2022; Ferenczi, 1932).

Recuperando la teoria dei sistemi motivazionali di Litchenberg (1995, 2000, 2012), riteniamo che intorno ai due anni di vita, periodo cruciale nello sviluppo delle competenze di autonomia, l’insicurezza nel sistema di attaccamento, derivata da un rispecchiamento unidirezionale invertito, non permetta lo sviluppo e la maturazione di un sistema esplorativo-assertivo (Litchenberg, 1995; Litchenberg et al., 2000; 2012), in cui l’attenzione emotiva e cognitiva si sposterebbero su nuovi compiti che implicano esplorazione, assertività, proattività, creatività, capacità simbolica e di problem solving, quali il gioco condiviso, le prime separazioni dall’ambiente familiare, le socializzazioni in contesti nuovi come il nido.

L’insicurezza dell’attaccamento molto spesso e’ derivata da stili di accudimento ansioso/ambivalenti, che si esprimono in questa fase di sviluppo con la predominanza di preoccupazioni per la salute. Il caregiver primario porta con se la paura che qualcosa di brutto possa accadere al bambino quando e’ solo e non in prossimità di qualcuno che lo aiuti. La figura di accudimento primaria, solitamente intrusiva e controllante può, più o meno esplicitamente, mandare, allo stesso tempo, da una parte segnali di apertura al nuovo ed incoraggiamento all’esperienza, dall’altra segnali di pericolo con conseguente riattivazione di un sistema base sicura, minando in maniera costante e profonda nel bambino la percezione delle sue capacità e il suo senso di agentività.

Tale percezione negativa di sottofondo che cresce dentro porterà a livello inconscio lo sviluppo di un nucleo depressivo (polo depressivo), legato a rappresentazioni di inadeguatezza del Sé (oltre a complementari vissuti di rabbia nei confronti dell’altro), lasciando piano piano spazio nell’adulto a vissuti di profonda insicurezza, sfiducia nelle proprie potenzialità/capacità, paura di riuscire, oltre che ambivalenza/dipendenza affettiva. In particolare, i messaggi di preoccupazione per l’incolumità fisica e psicologica, che vengono più o meno inconsciamente comunicati da parte di caregiver a loro volta insicuri, non solo alterano la percezione delle reali capacità del bambino e del relativo valore personale, ma aprono la strada ad ansie ipocondriache, frutto di un altrettanto non riconoscimento dell’immagine corporea.

Allo stesso tempo, si organizzerà più coscientemente anche un nucleo narcisistico (polo narcisistico), legato a rappresentazioni di Sé ideali, in cui il bambino, futuro adulto, al fine di compensare una depressiva percezione di se ed una bassa autostima, cercherà un iper adattamento ai bisogni degli altri, nel tentativo di essere accettato per quello che è,  attraverso la costruzione di identità in prestito che partiranno dal falso se, intriso di desiderabilità e convenzionalismo sociale, fino ad arrivare al ritiro nelle fantasie o alla grandiosità manifesta.

Inoltre, quello che si cercherà di negare fino in fondo e’ la possibile dipendenza dagli altri che pone il narcisista in una condizione di perenne stato oscillatorio tra la rabbia di avere bisogno e negazione della stessa attraverso meccanismi di difesa ipomaniacali di diniego, controllo onnipotente ed idealizzazione. Dunque, a volte le manifestazioni di grandiosità, viste anche in narcisisti vulnerabili e ritirati, sono da considerarsi movimenti difensivi. Così la grandiosità deve essere sempre letta come una difesa o da una psicodinamica borderline in cui prevale il deficit di regolazione dell’affettività o una psicodinamica depressivo-narcisistica in cui prevale un deficit di regolazione dell’autostima.

 3.2 Diagnosi strutturale e funzionale della DNP

Dunque, attribuiamo alla polarizzazione depressivo-narcisistica (DNP), secondo una prospettiva PPI, e quindi al disturbo narcisistico di personalità più puro categorialmente parlando, nel suo centrale qualia di vulnerabilità, e in tutte le sue differenti manifestazioni cliniche over e cover, le seguenti caratteristiche di struttura che lo rendono un livello di funzionamento autonomo (vedi tab.1):

  • uno specifico assetto motivazionale in cui si osserva un sistema attaccamento insicuro dipendente ed un sistema esplorativo-assertivo non ancora organizzato;
  • una qualità dell’angoscia da mancata autonomizzazione ed una relazione oggettuale primitiva ambivalente, costituita da vissuti di insicurezza, inadeguatezza e vulnerabilità da una parte, e bisogni di dipendenza non riconosciuti dall’altra, che evidenziano un conflitto dipendenza/autonomia;
  • un particolare assetto difensivo incentrato su meccanismi dissociativi molari (cosiddette polarizzazioni depressivo-narcisistiche) che tengono separati un polo vero Sé depressivo, responsabile molto spesso di un protomentale in eccesso in termini di sintomi ansioso-depressivi ed oscillazioni dell’asse timico, ed un polo falso Sé narcisistico, che determina un’organizzazione del pensiero inconscio parzialmente mentalizzato, basata su idee nostalgiche e/o fantasie grandiose, ed un pensiero verbale vacuo con caratteristiche fortemente alessitimiche.

Tab.1 Polarizzazione depressivo-narcisistica (DNP): diagnosi strutturale e funzionale.

  1. Conclusioni e discussione

L’introduzione della nuova categoria diagnostica DNP e’ necessaria per spiegare un’altra linea dissociativa dello sviluppo meno grave di quella borderline ma più compromessa di quella nevrotica. L’utilità di tale lavoro e’ da ricercarsi nella comprensione di tutte quelle manifestazioni sintomatologiche di ansia, depressioni vuote ed atipiche, ipomaniacalità, mal di vivere, ritiro sociale, instabilità ed insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, dipendenze affettive e comportamentali che vediamo sempre più frequentemente nei studi di psicoterapia e rappresentano ad oggi gran parte della richiesta d’aiuto.

La DNP si delinea come un livello di funzionamento autonomo tra patologie borderline e nevrotiche che hanno nella psicodinamica della disregolazione dell’autostima il market principale. La tipologia di narcisismo vulnerabile, che si è sempre più evidenziata negli ultimi vent’anni nella clinica osservativa e che oggi inizia ad avere anche legittimità nosografica nel modello alternativo dei disturbi di personalità all’interno del DSM-5 (2022), e’ per noi il vero qualia psicodinamico del disturbo narcisistico di personalità puro, e le manifestazioni overt e cover appaiono semplicemente delle varianti fenotipiche. In particolare, la grandiosità rappresenta una difesa che può servire o un’economia dissociativa borderline (polarizzazione borderline) o un’economia dissociativa narcisistica (polarizzazione depressivo-narcisistica).

I differenti modelli psicodinamici sul narcisismo patologico che si sono succeduti hanno messo in evidenza ciascuno qualcosa di utile nell’avvicinarsi ad una comprensione soddisfacente del fenomeno clinico.

Rileggendo Freud sulla distinzione tra un narcisismo primario ed uno secondario (1914), potremo associare lo stato di narcisismo primario alle forme di psicosi dove il bambino  rimane chiuso all’interno del suo stesso investimento sul Sé di cui ne fa parte anche la madre in un’unità simbiotica indistinguibile, senza aver avuto alcuna possibilità di movimento oggettuale esterno, e uno stato di narcisismo secondario alle patologie narcisistiche, dove l’individuo attua un ripiegamento patologico sul Sé dopo una scelta oggettuale traumatica.

La prospettiva Kohutiana (1977; 1984) descrive bene ed in maniera esaustiva un cluster di pazienti che la letteratura chiamerà vulnerabili e che per noi sono i veri pazienti con funzionamento narcisistico puro. Malgrado questo pregio, la prospettiva kohutiana propone il narcisismo come una difesa rispetto ad un possibile rischio di frammentazione psicotica, posizione che noi non condividiamo.

Il modello strutturale (Kernberg 1984, Caligor at al. 2012), sebbene collochi i disturbi narcisistici in un’area meno grave in accordo con la nostra prospettiva, non ne riconosce un’autonomia di funzionamento. Infatti, nel posizionarli in un’alta organizzazione borderline di personalità, il modello strutturale concetttualizza il Sé grandioso patologico come una difesa un po’ più evoluta da una linea scissionale di tipo borderline. Dunque, il narcisista, per di più grandioso, sarebbe una variante adattiva e compensata, e rientrando in una psicodinamica borderline secondo la modellistica di Kernberg manterrebbe un’eziopatogenesi intrapsichica, derivante dalle classiche posizioni kleiniane sull’aggressività innata, con punti di contatto lungo un continuum con la psicopatia.

Recentemente, WcWilliams (1994) e il PDM-2 (2017) propongono una linea di funzionamento narcisistica indipendente dalle altre e ne riconoscono la natura traumatico-ambientale.

Riguardo proprio l’eziopatogenesi ambientale, molti autori come Horney (1939), Spitz (1965), Winnicott (1945, 1965), Modell (1986, 1990) hanno prodotto valide osservazioni cliniche sulle problematiche del primo sviluppo di questi pazienti nella relazione madre-bambino. Sulla stessa scia, il filone dei recenti studi di Schore (1994, 2003a, 2003b, 2019), Lemma (2011) e Mucci (2013, 2016, 2017, 2022), riprendendo le ricerche sull’attaccamento e sulla neurobiologia interpersonale, le evidenze sperimentali dell’infant research e unendole alle pionieristiche intuizioni di Ferenczi sulla psicotraumatologia (1932), hanno portato ad un modello eziopatogenico che vede lo sviluppo della patologia narcisistica legato ad un trauma relazionale precoce di sintonizzazione primaria che insorgerebbe tra i 18/24 mesi di vita del bambino, senza la necessaria presenza di traumi quali abuso o neglect (o cosiddetta traumatizzazione secondaria), che eviterebbero a questi pazienti l’interiorizzazione di una diade relazionale dissociativa e traumatica vittima-persecutore, con conseguente sviluppo di meccanismi di identificazione con l’aggressore, tipica delle patologie borderline.

Nello specifico, a livello evolutivo, McWilliams (1994) afferma come i narcisisti avrebbero avuto un “tipo particolare di attenzione” ossia un’estensione narcisistica del genitore. Lemma (2011) parla di madri che funzionano come uno “specchio unidirezionale” o una superficie “opaca”, o ancora meglio di madri “specchio tu-sei-me”.

E’ in questo rispecchiamento incongruo, in cui la madre non guarda il bambino, non riconoscendogli un vero Sé, con una sua agentività ed unicità, ma cerca se stessa nel bambino, con le proprie paure, aspettative e desideri, che si organizza il funzionamento narcisistico. L’assorbimento della madre in pensieri e preoccupazioni, con l’obiettivo inconscio di soddisfare i propri bisogni attraverso il corpo e la mente del piccolo, provoca un iper investimento narcisistico sul caregiver e un concomitante depauperamento vitale del Sé nascente o Sé nucleare (vero Sé) del bambino con conseguente svuotamento depressivo. Da qui maturerà il deficit strutturale dell’autostima e la sua incapacità di regolarlo attraverso le sole strategie di mentalizzazione interna. Con il tempo, le uniche modalità, da parte del bambino prima e l’adulto dopo, di sopravvivere emotivamente a questa devitalizzazione saranno o il ripiegamento nelle proprie fantasie come rifugi della mente o la costruzione di identità in prestito, tra desiderabilità sociale e grandiosità onnipotente.

Inoltre, in accordo con il modello eziopatogenico di Mucci (2013, 2016, 2017, 2022) e Schore (1994, 2003a; 2003b, 2019), riteniamo anche noi che la finestra temporale dei 18/24 mesi, come possibile insorgenza di tali problematiche nelle sintonizzazioni, abbia un peso importante nello sviluppo del funzionamento narcisistico.

Ad avvalorare ciò, sosteniamo che questo momento sia un periodo critico poiché, recuperando le tesi di Litchenberg (1995) e Litchenberg et al. (2000; 2012) sulla teoria dei sistemi motivazionali, a circa un anno e mezzo/due anni di età, inizierebbe ad organizzarsi un nuovo sistema, quello esplorativo-assertivo, grazie al quale il bambino, attraverso il gioco individuale e condiviso, incrementerebbe le competenze e la creatività, la fiducia nelle proprie capacità, la proattività, la motivazione al cambiamento e al miglioramento, lo sviluppo di passioni ed abilità. In questa fase di sviluppo, in cui il sistema di attaccamento sarebbe già organizzato intorno ad uno stile insicuro ansioso/ambivalente, si innesterebbe un sistema esplorativo-assertivo non adeguato, esponendo l’individuo ad una DNP.

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