Struttura gestaltica e significato psicodinamico delle tavole Zulliger: un’ipotesi di approccio funzionale performance-based

Articoli / Mente e Cura

Gestaltic structure and psychodinamic meaning of Zulliger cards: an hypothesis of functional performance-based approach

Caporale R.¹, Craparo G. ², Sellaroli F. ³, Seghetti V.4, Di Marzio R.5

IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata

UKE – Università degli Studi di Enna “Kore”, Italia

³ IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata

4 IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata

5 IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata

Rissunto

Lo Zulliger test, o più comunemente Z-Test, e’ una tecnica proiettiva composta da tre tavole. Le tavole sono differenti sia nella struttura gestaltica che nel significato psicodinamico. La revisione dei pochi lavori in letteratura sull’argomento e le nostre osservazioni cliniche derivate dagli studi sulle somministrazioni del test, incoraggiano l’utilizzo di un approccio funzionale performance-based all’analisi delle tavole, nei termini di coinvolgimento dei processi psichici nell’elaborazione della risposta. In conseguenza di ciò, abbiamo ridefinito la tavola I come la tavola della valutazione dei processi cognitivi, la tavola II come la tavola della valutazione dei processi affettivi, la tavola III come la tavola della valutazione dei processi identitari e del funzionamento interpersonale.

Parole chiave: Zulliger test; Z-test; tavole Z-test.

Abstract

The Zulliger test, or most commonly Z-test, is a projective tecnique composed of three cards. The cards are different both in a gestaltic structure and in a psychodinamic meaning. The review of the scarse letterature and our clinical observation, derived from the studies of the Z-test administration, allow to take a functional performance-based approach to the analysis of Z-cards, in term of psychological processes involved in the answer elaboration. Following this way, we redefined the first as cognition evaluation card, the second as affectivity evaluation card and the third as identity processes and interpersonal functioning card.

Keywords: Zulliger test; Z-test; Zulliger test; Z-test cards.

  1. Approccio funzionale performance based alle tavole Z

Come tutte le tecniche proiettive, anche lo Zulliger Test, o cosiddetto Z-Test nella sua forma di somministrazione individuale, si basa sul presupposto che la mente umana sia soggetta al meccanismo della proiezione, secondo cui “vengono attribuite all’oggetto o all’ambiente, in varia misura, elementi rappresentativi, emotivi, cognitivi, che effettivamente appartengono soltanto alla personalità del soggetto(Dalla Volta, 1973, p. 558 in Carruba e Castiello d’Antonio, 2008, p. 23).

Già Andrè Ombredane (1952), in un famoso articolo pubblicato sul Bulletin de psychologie, si era preoccupato di fare chiarezza sul concetto di proiezione, distinguendo tra una proiezione di natura formale, intesa gestalticamente come il processo mediante il quale ciascun soggetto decodifica ed organizza l’ambiguità degli stimoli proposti secondo il proprio peculiare stile cognitivo, ed una proiezione di natura psicodinamica, che lo porta, invece, ad attribuirvi delle caratteristiche appartenenti al proprio mondo interno, concludendo che le tecniche proiettive stimolano entrambi i processi.

Lis e Zennaro (1997) ribadiscono questo concetto, evidenziando come il compito affidato al soggetto richiami, allo stesso tempo, sia un’operazione di ristrutturazione percettiva del campo, sia la capacità di fronteggiare i significati personali. La risposta fornita dal soggetto viene, dunque, considerata la risultante di questo duplice processo, durante il quale egli si viene a trovare nella condizione di dover soddisfare, da un lato, le esigenze del mondo esterno, rappresentate dalla realtà percettiva (gestalt delle tavole, consegna da rispettare, rapporto con l’esaminatore) e, dall’altro, quelle del proprio mondo interno, rappresentate dagli stimoli proiettivi che emergono nel corso della prova.

Lo Z-Test è composto da tre tavole: una prima acromatica ricca di elementi chiaroscurali, una seconda policroma, ed infine una terza bicromatica dalle tonalità grigio-nere e rosse (Zulliger, 1955, 1969).

A seguito di diversi studi e a partire da un insieme iniziale di mille tavole, Zulliger ne selezionò tre per i risultati favorevoli che esse offrivano, attraverso un’analisi comparativa con quelli derivati dalla somministrazione del Test di Rorschach (Caporale et al, 2022, Caporale et al. 2023).

Seppur esigue nel numero, infatti, le tavole dello Z-Test contengono e condensano tutti gli elementi essenziali del Rorschach, al punto che spesso alcune delle loro macchie vengono equiparate per le caratteristiche gestaltiche degli stimoli (Mahamood, 1990). Ciò non significa, tuttavia, che i due strumenti siano sovrapponibili, in quanto, nonostante le similitudini strutturali, ciascuno dei due possiede una propria autonomia nelle differenti potenzialità psicodiagnostiche.

Già dalla prima messa a punto del proiettivo, nella forma di somministrazione collettiva, Zulliger diede delle precise indicazioni sulle specificità percettive dei suoi stimoli e sulla scelta del loro ordine di presentazione, fornendo una serie di caratteristiche attese alle risposte per ciascuna tavola insieme ai relativi valori diagnostici (Zulliger, 1955, 1969).

In questo lavoro, analizzeremo le tavole dello Z-test attraverso:
  • un criterio gestaltico, attribuibile alle caratteristiche percettive degli stimoli (forma, colore, chiaroscuro);
  • un criterio psicodinamico, legato al contenuto simbolico-evocativo, ed elicitato sia dalle tonalità emotive che dalle stesse caratteristiche gestaltiche delle macchie.

La revisione della letteratura sull’argomento, integrata ai risultati derivati dalle nostre ricerche in corso sulle proprietà psicometriche dello strumento, ci ha dato la spinta nel proporre un’analisi dello Zulliger da una prospettiva funzionale performance-based, ossia nei termini di quanto ogni tavola, riformulata come situazione di problem solving, attivi funzioni e processi psichici specifici nell’elaborazione della risposta.

Chabert (1998), riferendosi al Rorschach e ad altri test affini come lo Zulliger, afferma: “Lo scopo di tutte le prove proiettive e’ quello di permettere lo studio del funzionamento psichico individuale in una prospettiva dinamica, ossia sforzandosi di valutare allo stesso tempo le condotte psichiche individuabili, ma anche le loro articolazioni singolari e le loro potenzialità di cambiamento”.

Caporale e Roberti (2014) ritengono che: “L’interpretazione delle macchie al Rorschach”, applicabile anche allo Zulliger, “non è un semplice elenco di variabili della personalità, ma informazioni uniche riguardo a come questi tratti interagiscono tra loro, a ipotesi su come si siano strutturati nel corso dello sviluppo, e al vissuto soggettivo del paziente”. Gli stessi Autori concludono: “Risultato finale è una valutazione dinamica e non statica dell’organizzazione di personalità, esperienza fenomenologicamente rilevante, anziché asettica situazione standardizzata”.

Sempre Caporale e Roberti (2014), in merito alle peculiari caratteristiche della consegna impartita al Rorschach e riferibile anche allo Zulliger test, affermano: “La consegna si rifà a un messaggio paradossale: il soggetto, da una parte, e’ invitato a tener conto della situazione oggettiva dello stimolo proposto, e dunque, a mantenersi ancorato agli aspetti percettivi della realtà esterna, dall’’altra, a produrre anche qualcosa che vada oltre, di interno, di natura più personale e idiosincratica. E in quel qualcosa di nuovo e di creativo c’è tutto l’aspetto squisitamente dinamico e proiettivo. Proiettivo e dinamico che, nell’accezione della nostra impostazione, è l’individuo stesso, con le sue capacità di organizzazione e adattamento, le sue caratteristiche peculiari caratteriali; oggi diremmo che è tutta la struttura dinamica che si riversa nel processo finale di produzione delle risposte, contenuto e contenitore”.

E concludendo: “Dunque, nella consegna, le istruzioni impartite, incoraggiando la dialettica tra esame di realtà e libera fantasia, tra percezione e immaginazione, obnubilano sempre più la demarcazione tra soggetto e oggetto, evidenziando le modalità peculiari di funzionamento psichico con le sue alterne oscillazioni”.

Lo Z-test, al pari di altre prove proiettive come il Rorschach, e’ un test performance-based, in grado di cogliere processi inconsci o impliciti, legati proprio alla struttura dinamica della personalità, a differenza di proiettivi come il TAT più utili a rilevare specifici contenuti psichici.

A tal proposito, Bram e Peebles (2014) distinguono, nel processo di assessment, informazioni di struttura da quelle di contenuto. Gli aspetti strutturali riguardano il come funziona la mente di quella singola persona, ossia il funzionamento della personalità, mentre gli aspetti di contenuto afferiscono ai domini del cosa e del perché, in termini di emozioni, bisogni, desideri, aspettative, attive in quel determinato momento della vita psichica.

Dunque, lo Zulliger rappresenterebbe un test che avrebbe come target il rilevamento proprio di informazioni di struttura, aprendo ad una valutazione funzionale della personalità, avente come obiettivo quello di spiegare il modo in cui il soggetto tenda a funzionare in determinate aree.

Rispetto a quali aree indagare per raggiungere una valutazione più esaustiva e condivisa di funzionamento, negli ultimi vent’anni sono emersi diversi modelli ateorici (Mayer, 1998, 2004, 2005; Blais e Smith, 2014; Blais e Hopwood, 2017; Kellerman e Burry, 2007; Lingiardi e McWilliams, 2017; Caporale e Roberti, 2013, 2019), sebbene alcuni studiosi, soprattutto di derivazione psicodinamica, abbiano continuato a ribadire l’importanza di legare i test, e i risultati derivati, ad una specifica teoria che possa essere esplicativa nella comprensione della personalità  (Sugarman, 1991; Lerner, 1998; Bram e Peebles, 2014).

Facciamo nostre le riflessioni di Western (2003) riguardo al fatto che valutare il funzionamento sia “una questione che ha a che fare con le interazioni dinamiche, intrapsichiche e intra-sistemiche, dei processi psicologici”. A questo livello di analisi, Caporale e Roberti (2019) sostengono che: “la valutazione sul funzionamento di personalità sempre più si sovrappone a una valutazione psicodinamica in un’accezione più ampia del termine, in cui la personalità viene studiata nel suo continuo divenire e l’equilibrio psichico sia concepito non come una condizione stabile e data come immutabile ma sempre in continua ridefinizione (equilibrio dinamico)”.

Ad oggi, molti di questi modelli, dunque, sia ateorici sia ad approccio psicodinamico nel senso più ampio del termine, convergono maggiormente nella valutazione di alcune macro aree della personalità: a) funzionamento cognitivo, b) funzionamento emotivo, c) rappresentazione di sé d) funzionamento interpersonale (Mayer, 1998, 2004, 2005; Blais e Smith, 2014; Blais e Hopwood, 2017; Kellerman e Burry, 2007; Lingiardi e McWilliams, 2017; Caporale e Roberti, 2013, 2019). In questa proposta di analisi funzionale delle tavole Z, vedremo similmente come anche lo Zulliger si presti bene all’indagine di questi quattro macro processi.

  1. Tavola I: la tavola della valutazione dei processi cognitivi

La tavola I è acromatica e gestalticamente chiusa. Si caratterizza per la presenza diffusa di sfumature grigio-nere all’interno delle quali è possibile rintracciare alcune piccole aree intramaculari di colore bianco. Il corpo principale della tavola compatto rappresenta l’elemento strutturale di maggior rilievo, dal quale si aprono diverse sporgenze sia superiori sia inferiori che laterali. Al suo interno, si possono identificare due grandi dettagli, uno superiore che richiama contenuti di volti, maschere e possono elicitare angosce primitive di stampo persecutorio, ed un’ampia macchia nera al centro, più scura e definita nei suoi contorni, molto facilmente riconducibile a risposte botaniche quale foglia. La presenza massiccia dei toni chiaroscurali e la frastagliatura dei contorni, in contrasto con la compattezza della forma, conferisce alla tavola una forte ambiguità sul piano percettivo.

Date le caratteristiche gestaltiche della tavola, essa si presta senza difficoltà ad interpretazioni di forma e di tipo globale quali insetto, scarabeo, scarafaggio o ragno. Come suggerito da Zulliger (1955, 1969), ci si aspetta, pertanto, come prima interpretazione, proprio una risposta globale, piuttosto che una risposta di dettaglio. Alcune volte, è possibile che determinati soggetti partano da piccoli porzioni o parti interne della macchia, per poi, solo in seguito, riuscire ad integrare il tutto in una gestalt unitaria; altre volte, invece, è possibile che alcuni soggetti non riescano a fornire una risposta che prenda in considerazione l’intera macchia. Dal momento che le risposte globali, quando sono di buona forma, rappresentano un indicatore fondamentale della capacità del soggetto di integrare gli elementi percettivi in una totalità dotata di senso, la loro assenza, non giustificata da altre manifestazioni di turbamento affettivo, è indice di una carenza del soggetto sul piano cognitivo nella capacità di costruire rappresentazioni complesse della realtà.

Inoltre, come prima tavola, essa consente di valutare la possibile presenza del cosiddetto “Choc di avvio” alla prova proiettiva, vale a dire la capacità adattiva o meno del soggetto nel fronteggiare una situazione nuova, producendo almeno una risposta di buona forma, attraverso una rapida ristrutturazione percettiva e cognitiva del campo che metta in gioco velocità di elaborazione, abilità di problem solving e capacità percettivo-associative. Infatti, le peculiari caratteristiche della consegna impartita qui come al Rorschach, incoraggiando la dialettica tra esame di realtà e libera fantasia, favoriscono l’emergere delle modalità peculiari di funzionamento psichico, ossia l’individuo stesso con tutta la sua struttura dinamica (Caporale e Roberti, 2014).

Per tali motivi, consideriamo questa prima tavola come la tavola della valutazione dei processi cognitivi poiché nella sua interpretazione mobilita risorse che permettono maggiormente di indagare lo stile cognitivo, lo sviluppo e la dotazione intellettiva, nonché alcune funzioni psichiche complesse quali l’esame di realtà, l’ideazione e le capacità simbolico rappresentative.

A livello psicodinamico, Carruba e Castiello d’Antonio (2008) sostengono che la tavola racchiuderebbe tutte le possibilità interpretative ed il corrispettivo valore psicodiagnostico offerti dal Rorschach nelle tavole acromatiche, tanto da essere paragonata alla tavola IV dello stesso proiettivo, sia per implicazioni legate al maschile, che, più in generale, riguardo la tematica del colore nero.

Non siamo d’accordo con tale parallelismo gestaltico poiché le componenti chiaroscurali di questa tavola sono più strutturali rispetto alla tavola IV del Rorschach ed altresì la componente nera e’ qui meno accentuata. Inoltre, la morfologia della tavola IV del Rorschach assomiglia più realisticamente e statisticamente ad una figura umana imponente, che eliciterebbe il complesso edipico con le annesse istanze superegoiche. In tale contesto, invece, è più facile avere percezioni globali che rimandino ad un’alta frequenza di contenuti animali.

Riteniamo, altresì, grazie ai nostri studi di validazione in corso su campioni clinici, che il dettaglio centrale superiore, per conformazione gestaltica assomigliante a volti, maschere e fantasmi, assieme alle componenti chiaroscurali e nere caratteristiche di tutta la macchia, possano darci informazioni riguardo la presenza di eventuali angosce persecutorie primitive e tratti paranoidei. Tipici meccanismi difensivi che ci informano di queste difficoltà sono i soggetti che manifestano lo stile di non interpretare le tonalità chiaroscurali e, di conseguenza, anche gli spazi bianchi al centro o nella porzione superiore della macchia.

   

Tavola I: la tavola della valutazione dei processi cognitivi

  1. Tavola II: la tavola della valutazione dei processi affettivi

La tavola II, policromatica, si caratterizza per la presenza di tre distinte macro aree. La prima è rappresentata da un grande dettaglio rosso centrale, con all’interno uno spazio intramaculare bianco, che nell’insieme elicita risposte anatomiche quali polmoni con o senza colonna vertebrale. La seconda è composta da due grandi dettagli verdi simmetrici, posti lateralmente alla prima e più piccoli per dimensione, solitamente interpretati come pesci; la terza, infine, è costituita da due grandi dettagli marroni simmetrici collocati nell’area inferiore, all’interno dei quali le sfumature di colore creano netti contrasti tra alcune parti più scure, tendenti quasi al nero, ed altre più chiare. Queste ultime macchie assomigliano ad insetti e/o quadrupedi come tori, bufali e bisonti.

A differenza del proiettivo Rorschach, in cui gli stimoli policromatici vengono presentati solo nelle ultime tre tavole del test e molto dopo gli stimoli bicromatici, Zulliger decise di anteporre una tavola colorata ad una nera e rossa. Secondo l’autore il principale vantaggio di tale scelta sarebbe stato quello di valutare in maniera più efficace la presenza della componente colore, e relativi fenomeni particolari legati ad esso, nel processo interpretativo (Zulliger, 1955, 1969).

Dal punto di vista diagnostico, questo si traduce nell’ottenimento di informazioni riguardo la qualità degli affetti e la capacità di regolazione emotivo-affettiva del soggetto. Essendo il colore l’elemento dominante, la sua presenza è frequentemente attesa in qualità di determinante nelle risposte, da valutare nel suo rapporto con la componente formale. Il buon rapporto tra forma e colore, data dalla compresenza di entrambi gli elementi con prevalenza della prima, indica, infatti, una buona regolazione degli affetti. Al contrario, la prevalenza del colore sulla forma, o ancor di più la presenza del colore puro senza alcun controllo formale, denota, invece, disregolazione emotivo-affettiva e marcati tratti di impulsività. Infine, l’assenza di risposte cromestesiche riflette una dimensione di coartazione affettiva e rimozione dei vissuti emotivi (Gonçalves e Villemor-Amaral, 2020). Dunque, possiamo affermare, con quanto Zulliger (1955, 1969) aveva già rilevato, che risposte colore con un’adeguata componente formale dovrebbero essere sempre presenti in Tavola II.

Inoltre, è possibile rilevare in questa tavola anche l’eventuale presenza del cosiddetto “Choc colore”, valutando il possibile stato di turbamento estremo del soggetto di fronte alle cromie e le conseguenti modalità interpretative alternative adottate. Una tipica modalità difensiva dettata dallo choc colore che Zulliger (1955, 1969) aveva individuato era l’interpretazione di uno spazio bianco come risposta iniziale anziché macchie colorate.

Dunque, per tali ragioni, riteniamo la tavola corrente come la tavola che riesca più facilmente a valutare l’adeguatezza o meno dei processi affettivi, intesi sia come capacità di fare esperienza delle emozioni in termini di stati mentali sia come capacità di saperli regolare.

Un’altra caratteristica gestaltica importante della tavola e’ la sua frammentarietà. A tal proposito, Zulliger stesso (1969) riporta le seguenti parole: “Le differenti macchie di colore sono simmetriche: ma esse sono chiaramente separate le une alle altre e allo stesso tempo sono unite le une alle altre”. Tutto questo si traduce sul piano delle localizzazioni nel fatto che risulta più difficile fornire in questa macchia una risposta globale, dal momento che essa è organizzata su dettagli tra loro distinti. Laddove il soggetto ci riuscisse, fornendo un’interpretazione qualitativamente adeguata, è possibile ipotizzare delle buone capacità percettivo-associative e di astrazione. In questo caso, secondo lo stesso Zulliger, sarebbero soprattutto organizzazioni percettive di tipo combinatorie successive.

Tale caratteristica gestaltica della tavola, in relazione a dettagli difficilmente integrabili gli uni con gli altri, può generare vissuti di dispersione, angosce di frammentazione o disintegrazione, molto più facilmente in personalità inclini ai meccanismi dissociativi, mettendo a dura prova le capacità di integrazione dell’Io e di riorganizzazione cognitiva. Non e’ rara la produzione di risposte globali di cattiva forma che rappresenterebbero il vano tentativo di neutralizzare l’angoscia di un’eventuale frammentazione, manifestando quello che tecnicamente si chiama “Choc di dispersione”. Per tale motivo, la tavola può dare informazioni anche riguardo il livello di integrazione del funzionamento di personalità e l’eventuale presenza di meccanismi dissociativi, al pari della tavola X del test di Rorschach (Caporale e Roberti, 2014).

Tavola II: la tavola della valutazione dei processi affettivi

  1. Tavola III: la tavola della valutazione dei processi identitari e del funzionamento interpersonale

La tavola III, bicromatica, presenta le tonalità del grigio-nero e del rosso. Con caratteristiche analoghe alla tavola III del test di Rorschach, è gestalticamente organizzata attorno ad un ampio spazio intramaculare bianco e si struttura in tre distinte aree principali. La prima è composta da due macchie nere simmetriche e poco chiaroscurate, che rievocano frequentemente interpretazioni di natura umana, spesso viste di profilo e in movimento. La seconda è caratterizzata da una macchia rossa centrale. Alcuni soggetti elaborano questo dettaglio in maniera autonoma rispetto al resto della tavola riconoscendone la gestalt di una farfalla, ma non è raro che sia incluso come contenuto fiocco, palla, fuoco in una più ampia interpretazione globale in cui siano presenti le figure umane. La terza è infine costituita da due macchie rosse laterali simmetriche che, sebbene mostrino una forma vaga ed indefinita, sono frequentemente interpretate come contenuti umanoidi. Anche questi dettagli rossi possono stimolare risposte di movimento che, in confronto alle altre, Zulliger aveva definito come “piccole cinestesie” (Zulliger, 1955, 1969).

Rispetto alla tavola II, sono più frequenti risposte che prendano in considerazione l’intera Gestalt. Come nel test di Rorschach, anche la sola interpretazione delle figure umane, non considerando gli altri dettagli, e’ ugualmente siglata come risposta globale. L’assenza di tale risposta veniva considerata dallo stesso Zulliger un indicatore di disturbi di natura intellettiva (Zulliger, 1955, 1969). Dunque, il superamento delle difficoltà generate dallo spazio bianco intramaculare, mettendo insieme tutti gli elementi della tavola in un’unica interpretazione, qualitativamente di buona forma, mostrerebbe nel soggetto capacità di tipo percettivo-associative e risorse intellettive superiori alla media. Qualora presenti, queste capacità possono generalmente emergere nella tavola II ed essere qui confermate.

Inoltre, a differenza della Tavola II, si attendono interpretazioni determinate dal movimento che, se associate a figure umane, evidenziano nel soggetto buone capacità di mentalizzazione e di contatto interiore. Se i movimenti umani vengono sostituiti con quelli inanimati, ciò potrebbe denotare una tendenza alla coartazione di stati mentali angoscianti generati da eventi traumatici (Lima e Scortegagna, 2022).

Data l’alta frequenza con la quale si possono dare interpretazioni a contenuto umano in movimento, quest’ultima tavola consente principalmente di indagare i processi identitari primari e secondari, ed il funzionamento interpersonale, oltre ad essere un valido test che permetta di valutare il convenzionalismo di pensiero e , dunque, l’aderenza al piano di realtà.

Mentre i dettagli neri centrali evocano facilmente risposte globali, cinestesiche e a contenuto umano, i dettagli rossi consentono di indagare il rapporto tra il soggetto e la regolazione delle dinamiche più protomentali, con particolare riguardo l’aggressività (Carruba e Castiello d’Antonio, 2008, Castiello d’Antonio, 2012). Come per il rapporto forma-colore nella tavola precedente, anche per quanto concerne il colore rosso è importante determinarne la bontà formale e l’eventuale presenza del movimento, cinestesie che rappresenterebbero la capacità da parte del soggetto di entrare in contatto con gli aspetti più istintuali della propria personalità per regolarli, trovando una formazione di compromesso tra appagamento ed adattamento al contesto di realtà.

È probabile che se il soggetto fornisca un’interpretazione non adeguata nella tavola II, difficilmente riuscirà a dare una risposta di buona forma alla tavola corrente. In assenza di risorse intellettive ed emotive che consentono la produzione di risposte globali e cromatiche in Tavola II, il soggetto faticherà a superare l’ostacolo dello spazio intramaculare e lo stress generato dal rosso in Tavola III. Ciò ad evidenziare l’alta interdipendenza tra le tavole, nonostante ognuna di esse possieda una sua specificità per determinate caratteristiche personologiche.

Tavola III: la tavola dei processi identitari e del funzionamento interpersonale

 

 Conclusioni e nuove prospettive di ricerca

In questo articolo abbiamo presentato le tavole dello Z-Test analizzandole nelle loro caratteristiche gestaltiche e psicodinamiche: a) criterio gestaltico, attribuibile alle caratteristiche percettive degli stimoli (forma, colore, chiaroscuro), b) criterio psicodinamico, legato al contenuto simbolico-evocativo, ed elicitato sia dalle tonalità emotive che dalle stesse caratteristiche gestaltiche delle macchie.

La revisione sull’argomento, integrando i pochi contributi provenienti dalla letteratura (es. Zulliger, 1955, 1969; Carruba e Castiello d’Antonio 2008, Castiello d’Antonio 2012) con i risultati derivati dalle nostre ricerche sulle proprietà psicometriche in corso, ha permesso di riconcettualizzare le tavole da una prospettiva performance-based, ossia nei termini di una valutazione funzionale di quanto ogni macchia coinvolga specifici processi psichici nell’elaborazione della risposta.

La tavola I è una macchia acromatica, compatta e con la presenza di una pervasiva componente chiaroscurale. Le caratteristiche gestaltiche permettono di valutare i processi cognitivi, ossia lo stile di elaborazione delle risposte, l’adeguatezza dello sviluppo intellettivo e dunque dell’architettura neurocognitiva, nonché alcune funzioni psichiche complesse quali l’esame di realtà e le capacità percettivo-associative. Inoltre, la tonalità emotiva della tavola richiama la psicodinamica del chiaroscuro e dunque il rapporto e la gestione di angosce primitive di stampo persecutorio.

La tavola II e’ una macchia policromatica, composta da un ampio dettaglio centrale rosso, con componenti intramaculari, e più dettagli colorati simmetrici ai lati. Le caratteristiche gestaltiche e la tonalità emotiva elicitate dalle cromie permettono la valutazione dei processi affettivi come la qualità degli affetti e la regolazione emotivo-affettiva, ricordando le ultime tre tavole del Rorschach (Zulliger, 1955, 1969). Inoltre, la caratteristica di frammentarietà della tavola può dare informazioni anche riguardo il livello di integrazione del funzionamento di personalità e l’eventuale presenza di meccanismi dissociativi, al pari della tavola X del test di Rorschach (Caporale e Roberti, 2014).

La tavola III e’ una macchia bicromatica, grigio-nera e rossa, composta da due grandi dettagli laterali neri ed altri dettagli rossi più piccoli. Le caratteristiche gestaltiche e la tonalità emotiva elicitate dalle forme delle macchie che assomigliano fortemente a quelle di figure umane in movimento, richiama la tavola III del Rorschach e, dunque, la valutazione dei processi identitari primari e secondari, ed il funzionamento interpersonale (Zulliger, 1955, 1969).

In sintesi, possiamo concludere, in linea con le prime osservazioni di Zulliger (1955, 1969), che un soggetto dovrebbe fornire: a) in tavola I almeno una risposta globale; b) in tavola II risposte colore di buona forma; c) in tavola III risposte movimento. In aggiunta, puntualizzeremo che questo tipo di risposte attese alle tavole le produce un soggetto con buon funzionamento intellettivo e di personalità. Inoltre, rimarchiamo l’importanza, soprattutto in tavola III, che il movimento sia umano e le figure siano viste nella giusta posizione, dimostrando una buona integrazione dell’immagine corporea.

Si auspicano in futuro disegni di ricerca che possano meglio approfondire il rapporto tra proprietà gestaltiche e caratteristiche psicodinamiche delle tavole da una parte, e funzioni psichiche coinvolte nel processo di risposta dall’altra. Per far questo, di fondamentale importanza sarà l’avvio di nuovi progetti di ricerca che permettano analisi correlazionali tra indici Zulliger che sottendono l’attivazione di determinati processi psichici e valutazione degli stessi attraverso altri strumenti psicodiagnostici.

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Leggi anche

The clinical use of the Zulliger Test in the assessment of personality functioning and psychopathology

di Riccardo Caporale, Cettina Allone , Antonio Maccarone , Giuseppe Craparo

Il Test di Rorschach in ambito clinico e giuridico-peritale. Guida pratica all’interpretazione e nuove prospettive di ricerca: Guida pratica all’interpretazione e nuove prospettive di ricerca

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